Appena finito la leva militare fatta come Vigile del Fuoco iniziai a lavorare in una ditta che forniva materiale edile e servizi di disegno per studi professionali, lo studio Arted.
Lì conobbi Marco che veniva a farsi fare le copie eliografiche.
Aveva visto alcuni miei disegni di prospettive per delle casette a schiera e mi chiese se potevo disegnare su del tessuto di colore verde mela un logo per l’azienda di suoi clienti per gli uffici che stava completando.
Lo feci velocemente e senza difficoltà, e da quel momento cominciammo un po’ a frequentarci e a conoscerci meglio.
Preparammo insieme alcuni progetti finchè un giorno, dopo circa un anno, decidemmo di fare il grande salto e aprire un nostro studio di progettazione.
Non avevamo ancora trovato lo spazio in affitto, perciò i primi mesi disegnavamo un po’ in salotto da lui e un po’ in cucina da me…
L’amico Giuliano Caratti, pubblicitario, ci chiamò La Nuvola Design basandosi sui nostri caratteri liberi e un po’ anticonformisti: nacquero così i Nuvolotti.
Era il 1979, l’anno in cui imperavano i Bee Gees e la loro Febbre del sabato sera.
Andavamo dai clienti in moto, lui con il KTM ed io con un Morini Scrambler. Marco era un grandissimo appassionato di moto e motori, e ricordo quando realizzò il suo sogno di attraversare il deserto: lo amava per le sensazioni che gli trasmetteva.
Calma mista a forza. Era la sua immagine; a Marco sarebbe potuta cadere una bomba a qualche centimetro e neanche si sarebbe scomposto.
Il mio primo progetto da professionista in proprio nacque con lui: era una casa a Schio, avevamo visto il luogo facendo il rilievo, i clienti erano marito e moglie erano imprenditori molto dinamici che amavano ballare.
Ci confrontavamo sempre con la moglie: una donna decisa e schietta.
Marco mi spiegò alcune cose di carattere generale e poi mi disse semplicemente: ”Fai tu”.
Ricordo ancora oggi che rimasi bloccato per un po’, avevo solo un foglio bianco davanti… Sentii dentro di me due forti emozioni: la prima di paura, di non essere in grado, la seconda di grande responsabilità e nello stesso tempo di una grande e stimolante sfida.
Mi ci buttai dentro a capofitto.
Pensando alle passioni dei proprietari ho creato degli spazi che ricordavano un po’ una “disco”, con i controsoffitti rotondi e le luci incassate e persino un tavolo rotondo.
Il risultato finale non fu certo standard e proprio per questo lasciò i proprietari entusiasti: alle persone piace quando capisce che il posto dove vivrà la rappresenta, è una estensione di sé e della propria visione della vita.
Sono molto grato a Marco perché lui mi ha dato l’opportunità, mi ha dato credito, ha creduto in me. A me che sì disegnavo bene e avevo dimostrato fantasia, ma che ero ancora uno sbarbatello.
Ricordo ancora come mi guardavano i clienti, quando mi presentavo con le magliette a righe orizzontali bianche e verdi, ma avevano fiducia in Marco e di conseguenza davano fiducia anche a me.
Vi garantisco sono quelle sensazioni ed emozioni che sono impossibili da dimenticare. Lui mi ha preso con sè, mi ha accettato così com’ero.
Eravamo diversi, e per fortuna dico io: abbiamo “vissuto” tanti progetti nei nostri 17 anni assieme, lavorato con tante persone e per tante famiglie. Sicuramente i momenti in cui ci siamo divertiti sono stati superiori a quelli più complicati, perché ovviamente come tutti abbiamo attraversato anche quelli.
Da questo storia ho imparato molto: anche nelle diversità ci si può ritrovare, anzi ne escono le cose più interessanti.
Però è necessario avere un approccio intelligente, onesto, di stima reciproca, senza giudicare e senza pregiudizi, remando sempre e comunque verso l’obiettivo comune, e questo approccio è sempre esistito tra me e Marco.
Mi piace ancora avere a che fare con la diversità, la trovo stimolante e mi permette di mettermi sempre in discussione, perché le cose più interessanti escono ancora così, negli anni 70 così come ora.